Era caldo, caldo che non se lo ricordava
nessuno così. Caldo che le persiane, al pomeriggio venivano calate per tagliare
l’afa della città, e tornavano alte la sera sulle luci e sulle strade del
centro.
Caldo che tutto sembrava muoversi a rilento,
che i gatti stavano nascosti negli angoli vecchi delle pietre che ancora
conservavano il fresco del passato, caldo che bisognava rifugiarsi nelle grandi
librerie dove tra gli scaffali e l’aria condizionata pareva si potesse
respirare di nuovo.
Alex aveva promesso che avrebbe scritto e
avrebbe scritto. Per V. che glielo aveva chiesto giocando, con quel muso da
gatta e il sorriso sulle lunghe labbra.
Alex scriveva e cancellava, sudava e
scriveva, sudava, fumava, mangiava ghiaccioli al cedro.
Se chiudeva gli occhi tutto arrivava
insieme: gli odori, la penombra della notte, il sapore della saliva di lei come
unico dissetante di quel lunghissimo fare l’amore. Eppure verbalizzare sembrava
impossibile. Ci aveva pensato, aveva scritto più volte dentro la sua testa,
separando i momenti, dividendo le immagini per focalizzare meglio, ma la sola
cosa che sentiva apparirgli in bocca era la parola “onda”.
V. era un’onda, V. si muoveva lenta e
avvolgeva, penetrava la pelle, entrava negli occhi, bagnava il suo corpo con il
proprio chiamando a se’ la luna e tutte le stelle che alex vedeva brillare nei
suoi occhi semichiusi e persi.
Senza sapere quando….non c’era stato più
tempo, non c’era stato più spazio, tutto era stato fermato, sospeso. Alex stava
sopra l’onda e sotto l’onda, stava dentro V. e la respirava, mentre V. sembrava
avere trovato dove scoppiare in tutta la sua energia. Qualcosa di antico e
viscerale era dentro il corpo e il cuore di V. e piano piano lei lo lasciava
cadere dentro alex lentamente e fortemente, con la potenza di una solitudine
lontana che aveva trovato dove riposare la stanchezza.
Un milione di carezze. V. e il suo corpo
erano un milione di carezze che si appoggiavano una dopo l’altra nella
solitudine di alex, riconoscendone l’ euguale natura.
Ed alex non poteva che accoglierla, e
raccoglierla. Non poteva fare altro che farsi grande il petto piccolo e
spaccare il torace per permettere a V. di entrare ed espandersi.
E nell’ombra della notte, nel lento arrivare
del giorno, a volte parlava piano a quell’orecchio piccolo dentro quel andare e
venire, nel turbine ritmato di quel movimento alex parlava e sognava. Sognava
quello stesso momento, sognava quella vita meravigliosa che aveva perduto il
tempo e lo spazio, che non aveva luogo ma che stava in tutti quei luoghi che
insieme, alex e V. sognavano di visitare. Parlava a V. per dirgli un milione di
cose che non aveva mai detto:
Amore amore amore timore disonore paura,
voglia, potenza orgoglio respiro e ancora paura, staiconmestaiconme… stai…
con.. me, fuggire tornare costruire, anima mia, amore mio amore mio, prendimi
le mani, tienimi le mani, dammi le tue note, prendi i miei respiri, amore, odio
vergogna, prendo la tua vita, afferra la mia stai dentro ti tengo in me,
abbiamo solo noi abbiamo tutto il mondo, tutte le cose del mondo, limoni,
piante dell’aria, boschi, erba sotto i piedi, libri libri parole, luci e suoni,
mangiamo con le mani, lavo la tua schiena, bacio i tuoi sorrisi……..